Il vino italiano? L’abito giusto per vestire la tradizione
Un viaggio attraverso i mercati in compagnia di Joanna Miro, titolare di JM Selection e presidente di Italian Taste Summit
Italian Taste Summit è stato uno dei pochi eventi di caratura internazionale che hanno potuto svolgersi durante questa tribolata fase. Grazie a un pizzico di buona sorte, ma soprattutto in virtù del lavoro svolto da Joanna Miro, affermata manager in posizionamento export del settore vino, e dal suo team.
“In effetti i nostri calcoli di previsione sono stati ‘benedetti’ anche dalla fortuna e siamo riusciti a incastrare la nostra iniziativa in una delle poche finestre possibili nella fase finale del 2020. Una settimana di ritardo e sarebbe saltato tutto, esattamente come è successo per tante altre manifestazioni. Ma alla base, come da premessa, c’è stato un lavoro certosino, basato su anni di esperienza, sulle statistiche sanitarie dell’Institute for Health Metrics and Evaluation della University of Washington e su un database export, il Joanna Miro Selection, che conta oltre seimila contatti internazionali di alto profilo. Questo insieme ci ha permesso di convogliare a Roma, con la giusta tempistica, un gruppo di importanti buyer ai quali abbiamo proposto una selezione accurata di cantine ed etichette italiane. Un’operazione perfettamente riuscita che ha dato origine a ben 107 trattative, un risultato del quale siamo particolarmente orgogliosi”.
Tanti importatori, provenienti da numerosi Paesi. E riguardo ai mercati sui quali valga la pena puntare per i produttori italiani, Joanna Miro ha le idee ben chiare.
“Attraverso Wine Performance, la nostra struttura di consulenza, svolgiamo un capillare lavoro di strategia e di analisi. Vado a memoria, ma credo di poter serenamente affermare che siamo stati tra i primi a intuire le potenzialità di un mercato come quello polacco, e i fatti ci stanno dando ragione, con i tassi di crescita media annua attorno all’11% (dati Nielsen). Ora sentiamo di poter puntare i riflettori sulla crescita di altri mercati dell’Est europeo, su Brasile e Messico, su alcune nazioni asiatiche storicamente molto legate alla nostra cultura europea, senza dimenticare il grande trend di crescita tra i Millennials in occidente con le loro esigenze specifiche, molto favorevoli alle piccole e medie aziende vitivinicole italiane”.
Non sfugge il fatto che dall’elenco manchi la Cina.
“Onestamente il mercato cinese non mi ha mai convinto quale ipotetica soluzione per la crescita dei fatturati, con container da piazzare solo sulla carta in base alla semplice equazione ‘loro sono tanti, possiamo fare i numeri’. In realtà si tratta di una nazione con tradizioni, storia e mentalità particolari, che ha avuto una crescita del Pil addirittura selvaggia per poi cadere in una crisi economica di ritorno che solo pochi hanno saputo valutare da una giusta prospettiva. Sono dell’avviso che i numeri non mentono e se Wine Intelligence, uno dei principali riferimenti per chi fa il nostro lavoro, sottolinea che tra marzo 2019 e agosto 2020 il consumo abituale dei vini in Cina è aumentato solo del 2% e lo confronto con il +10% della Germania e il +19% degli Usa, qualche domanda me la pongo”.
Quindi meglio rivolgere la propria attenzione altrove.
“Dipende anche dai propri obiettivi e da quello che si propone. Di sicuro una struttura come la nostra non lavora più solo sulla base dei numeri, ma anche su un approfondimento delle tendenze e delle mode percepite in maniera più diretta dai nostri referenti e buyer presenti sui territori. Come per esempio è degno di nota il fatto che sta aumentando in modo sensibile il prezzo medio a bottiglia negli acquisti dei Millennials, appunto, in occidente. O il fatto che il packaging, quell’insieme dei fattori con cui una cantina comunica la propria identità (bottiglia/etichetta/capsula/sito/social/altro) è diventato ormai un fattore determinante nell’acquisto e nella fidelizzazione dei consumatori”.
Sembrerebbe il sorpasso della forma sulla sostanza.
“Assolutamente no. I valori intrinseci e qualitativi del vino, appunto la sostanza, debbano essere espressi a priori e in modo coerente già dalla ‘confezione’, dall’abito. La società odierna, così tanto visiva in termini dei canali comunicativi predominanti, lo esige anche dal vino. I vini italiani hanno un’identità molto forte, sono una delle espressioni più importanti del Made in Italy, sono la storia e la tradizione declinate per la infinità dei terroir e l’appeal del quale godono all’estero. Ma chi gira il mondo non può non rendersi conto del gap che esiste ancora oggi sotto l’aspetto della comunicazione aziendale, purtroppo di molte cantine. I nostri produttori non uscirebbero mai di casa con gli stessi abiti che indossavano negli anni Ottanta, ma consentono che i loro vini si presentino con uno stile che sento di poter definire spesso datato. Di contro possiamo invece notare dalle etichette una lenta, ma davvero meravigliosa crescita delle identità territoriali di molte denominazioni o regioni, che in questa maniera diventano facilmente distinguibili sullo scaffale. Nella moltitudine dei vini da tutto il mondo un consumatore straniero individuerà velocemente i vini toscani, piemontesi, siciliani o veneti e pagherà un prezzo più alto riconoscendone il valore, per lui emozionale”.
Magari questo è il miglior modo per presentarsi agli appuntamenti internazionali che contano. Il tutto, però, in un periodo in cui gli annullamenti superano di gran lunga le conferme delle date delle varie manifestazioni in programma.
“La partita ora si gioca sulla diffusione dei vaccini, sperando che i governi dei vari Paesi siano meno ‘politici’ e più pragmatici. Questo fattore è alla base della ripartenza dei mercati e dunque delle manifestazioni. Noi già dal 4 gennaio siamo al lavoro per mettere a punto l’edizione 2021 di Italian Taste Summit, prevista dal 23 al 25 giugno. Anche quest’anno la location scelta garantisce una forte identità italiana come i vini delle cantine che vi partecipano. Si tratta di un villaggio medievale stupendamente ristrutturato, lo Chervò Golf Hotel & Resort di Sirmione, sul Lago di Garda. C’è una gran voglia da parte di tutti di ricominciare e noi speriamo di poter accontentare sia le aziende che si affidano a noi, sia gli importatori e i prestigiosi critici internazionali che si fidano di noi. L’impegno è massimo; poi, come si diceva all’inizio, occorre un pizzico di buona sorte. Per noi e per tutti”.