Pinot bianco, eredità e futuro di Mirabella e non solo
Mirabella ci ha sempre creduto e il cambiamento climatico sta dando ragione alla scelta. Un vigneto sperimentale per salvaguardare il futuro

Teresio Schiavi (nella foto di apertura tra i figli Alessandro a sinistra e Alberto), fondatore di Mirabella nel 1979, ha sempre creduto nel pinot bianco, a partire dal 1981 quando fece i primi impianti di cinque ettari, ancora in produzione. Oggi l’azienda, contando su dodici ettari di questa varietà, sugli ottantotto presenti nell’intera denominazione, è la realtà del territorio che ha puntato maggiormente sul pinot bianco, utilizzandolo nella maggioranza delle cuvée e tanto da creare una bollicina figlia della cultivar in purezza. Questo vino non è evidentemente un Franciacorta, ma un vino spumante di qualità perché attualmente il disciplinare di produzione ne prevede ancora un utilizzo limitato al 50% del totale dell’uvaggio. Dopo il lancio di questo vino, a inizio 2021, abbiamo dato ampio spazio alla notizia sul numero 178 di Cucina & Vini, da cui è interessante riportare la valutazione tecnica di Alessandro Schiavi, responsabile tecnico e contitolare, sulla contemporaneità di questa uva: “È una cultivar che possiede una bella acidità e ha quel qualcosa che manca al pinot nero e allo chardonnay. La definirei una eleganza olfattiva e una componente acida diversa, sapida, meno aggressiva, ma più stabile e duratura. Se da un punto di vista tecnico sembrerebbe accumulare meno acidi, è anche vero che ne perde pochi perché la pianta produce bene, resiste meglio agli stress idrici e matura prima: per questo non soffre come il pinot nero e lo chardonnay, necessita di una minore osmosi cellulare e per tale ragione non assorbe troppo potassio. Meno ioni nel mosto si traducono in meno precipitazioni di tartarico in bitartrato di potassio, quindi gli acidi restano intatti nel vino finale. Ha poi una struttura fine, che non copre le caratteristiche degli altri vitigni, ma al contrario gestisce bene il carattere un po’ selvatico del pinot nero e la grassezza dello chardonnay, soprattutto nelle annate calde”. Da un lato soffre maggiormente l’umidità, che oggi non è un problema in vigna, dall’altro chiede meno acqua ed è meno sensibile alle malattie del legno come la flavescenza dorata e il legno nero.

Delle scelte strategiche così nette sono sostenute dallo scorso anno da un interessante investimento: quattromila metri quadrati adiacenti alla cantina accolgono un vigneto collezione di quattordici filari, equipaggiato dei cloni disponibili, due francesi, due tedeschi e tre italiani di Rauscedo. La grande novità è che nelle prossime settimane saranno messe a dimora duecento barbatelle esenti da virosi prodotte attraverso una selezione massale nel vigneto storico aziendale: l’individuo isolato è stato propagato dalla realtà trentina Padergnone vivai viticoli cooperativi e prestissimo andrà in campo nel vigneto collezione, un patrimonio a salvaguardia del futuro delle prossime generazioni della famiglia Schiavi e quindi di Mirabella, ma anche per il territorio tutto.
