Tenuta Santa Caterina, profili di chardonnay
Gioiello del Monferrato, è venuta alla ribalta ridando al Grignolino la nobiltà quasi dimenticata. Scopriamo insieme il nuovo metodo classico

Siamo a Grazzano Badoglio, luogo veramente ameno in cui la struttura della tenuta si inserisce splendidamente dal 1737. Tanta storia di agricoltura e viticoltura che torna allo splendore del passato grazie a Guido Carlo Alleva che l’acquista nel 2000. Il vino ha sempre fatto parte della sua vita perché era nella cultura familiare, tanto da diventare per lui una passione in età adulta. L’avvocato vignaiolo Guido Carlo Alleva ha quindi sempre vissuto il richiamo del vino e poi nel 2000 ha ceduto alla seduzione della terra, che ama sin da bambino, il Monferrato. Avvocato penalista estremamente impegnato, ha fatto la scelta di investire nella campagna principalmente per amore. Riportiamo le sue parole che più di qualsiasi descrizione manifestano la sua filosofia: “Condivido la tradizione piemontese quando sostiene che i vini richiedono tempo per esprimersi al meglio. Pur nella loro diversità, infatti ognuno dei vitigni che coltiviamo dà un prodotto che si valorizza nella lenta maturazione in bottiglia. Questo però senza mai perdere quell’identità varietale che è la caratteristica principe del frutto. È questa scommessa che più mi ha affascinato: mantenere la vitalità del vino nel tempo, proprio perché la capacità evolutiva del vitigno è espressione della sua diretta vitalità”. Alleva si butta nel vino con l’intento di raggiungere l’aspetto più nobile e intrigante della qualità, la longevità con integrità. E lo fa basando il suo operato su una parola, il rispetto, ben conoscendo la vocazione vitivinicola dell’area. Tutto è implementato per ridare la naturale vitalità al terreno, senza dogmi ed etichette; oltre la sostenibilità perché certamente nei primi venti anni quella economica non è stata soddisfatta, tanto il lavoro fatto in campagna. Tutti i vitigni tradizionali del territorio, presenti da molto tempo, a partire da quelli più antichi come grignolino, freisa, barbera e nebbiolo, ma anche chardonnay e sauvignon, qui dall’ottocento. L’azienda ha ricevuto gli onori della cronaca per aver riportato all’antico splendore un vitigno messo realmente da parte negli ultimi trenta anni, il grignolino, con l’etichetta Monferace, diventata ormai vino culto.

L’occasione che ci porta a vivere questa affascinante realtà è il lancio del metodo classico da uve chardonnay, una nuova sfida per un uomo che da sempre è anche appassionato di Champagne. Arriviamo alla scoperta del nuovo vino dopo la degustazione delle altre declinazioni aziendali dello chardonnay, la versione in uvaggio con sauvignon e quella di stile borgognotto.

La degustazione
Salidoro 2021
Monferrato Bianco Doc
13,5% vol
Uve: chardonnay 75%, sauvignon 25%
Prima annata: 2011
I suoli sono quelli tipici della zona, marnosi di origine marina. Il grosso del vino fermenta in acciaio con lunga sosta sui lieviti, mentre il 10% dello chardonnay è vinificato in barrique, dove matura per alcuni mesi prima dell’assemblaggio. Si percepisce una salinità diffusa in un insieme fuso, che ha nel frutto l’espressione più netta: riconosciamo pesca, arancia e pompelmo, con cenni fioriti e note vegetali di fieno, bosso e salvia. Poi nocciola secca e tocchi di frutto della passione, con timbri sempre più incisivi di gelso. Bocca di bella pienezza e succosità, sapida, invitante, lunga nella scia salina. Ecco che si ritrova subito il frutto, poi gli altri riconoscimenti che si alternano, tutti sostenuti dalle note di salgemma.

Silente delle Marne 2017
Monferrato Bianco Doc
13,5% vol
Uve: chardonnay
Prima annata: 2013
Nasce su suoli sedimentari di origine marina, su marne calcaree poggiate su argille antiche. È figlio di tre cloni di chardonnay acquistati in Borgogna. Fermenta e matura in barrique di rovere francese e poi affina lungamente in vetro prima della commercializzazione. Seduce subito nelle note avvolgenti di pietra focaia e polvere da sparo intorno al frutto dolce e invitante di pesca, arancia, albicocca, anche disidratate e in sciroppo, con miele, salvia, menta, anacardo e nocciola secchi, con cenni di vetiver, note di frolle al gianduia. Bocca piena, succosa, di calore avvolgente e grande struttura, dotata di un lungo finale salino. Subito il frutto, poi le tostature e i minerali scuri dall’ardesia alla pietra focaia, mentre la scia calorica fa emergere note mellite di pesca, di frutto della passione, mango, arancia e kumquat che dialogano con la verve salina. Seducente…

Guido Carlo Extra Brut 2019
12,5% vol
Uve: chardonnay
Prima annata: 2019
Bottiglie prodotte: 3.000
Nasce nella stessa vigna del Silente delle Marne, con un anticipo di vendemmia di circa due settimane, rispetto all’uva dedicata al fermo. Dopo la vinificazione a temperatura controllata, va in bottiglia per la presa di spuma, dove resta almeno trentasei mesi. Sboccato da poco più di due mesi al momento del nostro assaggio, è giovane e gentile al naso, sui toni di frutta secca, minerali di selce e salgemma con tracce umami e di salicornia. Ecco il frutto, nettamente agrumato nella declinazione di limone, pompelmo e mapo. Stando nel calice si distende e va in profondità sottolineando la nocciola e presentando sentori di gianduia. La bocca colpisce per la grande freschezza, accompagnata da una sapidità netta, per un insieme bilanciato anche dalla fine cremosità, caratterizzato da uno sviluppo salino. Gli agrumi e le note minerali di salgemma sono i protagonisti di un vino all’inizio del suo viaggio, che promette molto e che riassaggeremo a settembre per inserirlo in Sparkle 2024.
