Collio, per aspera ad astra
Aprile è stato il mese del Collio Day, appuntamento itinerante alla settima edizione, organizzato dal Consorzio Tutela Vini Collio con le delegazioni Ais

La serata che ha preso forma a Roma, si è rivelata un percorso tra storie di uomini, territori di frontiera e magiche colline, la cui fama enoica resta tra le più straordinarie per le espressioni dei vini bianchi.
Insieme alla relatrice dell’Associazione italiana sommelier Lazio Emanuela di Palma, cinque vini in degustazione, ognuno bandiera di un vitigno e di un’espressione diversa del Collio, gemma preziosa del Friuli.
La storia di questo areale viticolo e in generale del vino friulano ha radici solide e consapevoli, fiere come l’aquila che rappresenta questa regione e potente come l’identità della sua gente.
Il Friuli del dopoguerra, devastato dal conflitto, si è riscattato grazie alla produzione viticola, già eccellente in età antica, e ha contribuito in modo sostanziale a innovare l’enologia italiana, diventando capofila della transizione verso la vinificazione di qualità di tutta la penisola e oltre.

Fu un vero e proprio rinascimento quello del vino in Friuli, che a partire dalla fine degli anni Settanta diventerà poi ambasciatore nel mondo dei grandi bianchi, al pari delle altre denominazioni d’Oltralpe, aiutato anche delle scuole di Enologia di Conegliano e San Michele All’Adige. Molte delle nozioni enologiche odierne sono state sperimentate in Friuli, come la vinificazione in acciaio, la linea di imbottigliamento mobile, l’uso della barrique e la riscoperta dei vitigni autoctoni, prima banditi perché non riconosciuti e dagli anni ottanta valorizzati, grazie ai nuovi approcci enologici e ai risultati promettenti ottenuti con le cultivar internazionali. Un connubio tra locale e globale che tutt’oggi coesiste, senza scontrarsi. Ecco perché in Friuli il vino è molto altro: la storia odierna di questo territorio prende vita dalla terra e dalle radici ben ancorate della vite.
Oggi il Friuli conta ventitremila ettari vitati, accuditi da circa millecinquecento aziende. La produzione è per il 75% tutelata da denominazioni e, sul totale, solo il 13% è dedicata al rosso: ben l’87% regala vini da bacche bianche, tra cui il friulano, la ribolla gialla, il picolit, la malvasia istriana, ma anche sauvignon, pinot grigio e bianco, chardonnay.
Di Alpi, Mare e Ponca
Anche il Collio è intriso di tutto questo, e ancora oggi il suo vino è specchio fedele all’anima di un territorio così distintivo eppure crogiolo di tante espressioni. Una terra di confine, di molti volti e tante storie, è Italia, Slovenia, Mitteleuropa. E forse anche per questo se il Collio è geograficamente una piccola fetta di terra, ma risulta sconfinato dal punto di vista vitivinicolo, senza limiti nelle sue declinazioni enoiche che possono essere così diverse tra loro, con i suoi milletrecento ettari di vigneto sui settemila totali.
Il clima è mitigato dalle Alpi Giulie a nord, che proteggono dal freddo, e dal mare a sud, che dalle colline dista meno di trenta chilometri. Un micro-clima unico, ventilato e con escursioni termiche importanti che conferiscono grande qualità. Poi quello che non si vede, il suolo: la ponca, un complesso sedimentario da marne stratificate con intervalli di arenaria e fossili marini, depositate dal mare, a seguito del sollevamento del fondale marino. Le radici della vite affondano e tra le stratificazioni morbide e dure, trovando la loro migliore collocazione, in uno sposalizio straordinario ricco di sostanze nutritive e dove ci sono sempre riserve di acqua e umidità. Un suolo prezioso ma anche fragile, che in alcune zone ha imposto i famosi ronchi friulani, terrazzamenti costruiti ad arte che ricordano antichi anfiteatri.
Il tutto conferisce qualcosa di irripetibile anche ai vini, immediatamente riconoscibili dalla potente eleganza dei profumi e dal palato saporito e di sostanza. Dei vini chiaro-scuro, con ombre e luci, e per questo emozionanti: sapidità, ricchezza di gusto, consistenza ma anche eleganza, aromi fragranti, freschezza.
E tra queste eccellenze, i produttori hanno deciso di rendere omaggio alla loro terra identificando una speciale categoria di vino: il Collio Bianco, una espressione marcatamente territoriale, che prevede l’uso di autoctoni soprattutto e una percentuale di uve tradizionali (fatta eccezione per müller-thurgau e traminer aromatico).

Tutta questa unicità è ancora oggi tutelata da uno dei primi consorzi di Italia, nato nel 1964. Il Consorzio di Tutela Vini Collio conta oggi duecentosettanta aziende, centosettantto soci, sette milioni di bottiglie, diciassette varietà. Oltre al logo, i vini si riconoscono già dall’inconfondibile la capsula gialla e in molto casi dalla bottiglia consortile che le aziende hanno deciso volontariamente di usare, che oltre a essere identitaria ha anche un ridotto impatto ambientale. La tutela del patrimonio naturale è ormai un caposaldo per la maggior parte dei produttori, e il recente progetto italo-sloveno SUSGRAPE ne è l’ulteriore conferma. Un’iniziativa ideata per ridurre al minimo l’uso della chimica nei vigneti, grazie alla viticoltura di precisione e all’innovazione, unitamente a pratiche enologiche di cantina che rispettano persone e ambiente.
Un viaggio in 5 assaggi

La degustazione dello scorso 18 aprile a Roma ha voluto rappresentare questo territorio così speciale portando il palato a vivere alcune delle zone più caratteristiche del Collio, presentando cinque cantine. Ciascuna si è fatta portatrice non solo di aree differenti ma anche di interpretazioni personali, in grado di raccontare una storia antica e allo stesso tempo eternamente giovane e in grado di stupire.
Partenza da San Floriano del Collio, a Valerisce, con un Collio Pinot Bianco Doc 2021 dell’azienda Humar.
Giallo dorato brillante. Immediato, schietto, fragrante e al contempo suadente. Anice, kiwi, mela, clementina, cedro si alternano ai fiori gialli e a un minerale gessoso e granitico. L’alcolicità importante (14,5%) conferisce un palato morbido e di struttura, ma ben equilibrato da una presenza sapido-acida elegante.
Poi Villanova di Farra, una sorta di isola collinare accarezzata dalla Bora e con escursioni termiche importanti, rappresentata dal Collio Friulano Doc 2021 di Tenuta Villanova.
Giallo chiaro dorato, è denso di un frutto giallo croccante di susina, agrumi e mela. Sensazioni minerali di arenaria, poi mandorla secca e in pasta, fiori di tarassaco e ginestra ed erbe aromatiche selvatiche. Palato fresco, sapido, sabbioso e setoso, garbatamente sapido. Ritorni fruttati dissetanti e grande finezza sul finale.
Il viaggio ha anche toccato Dolegna del Collio e in particolare Ruttars, con l’azienda Livon e il Soluna Collio Malvasia Istriana Doc.
Questa è una zona prestante per le varietà aromatiche visto il clima fresco, che oltre agli aromi persistenti conferisce anche acidità e salinità. Soluna prende in nome dall’appassimento di dieci giorni al sole e alla luna, per avere un vino più strutturato e glicerico.
Color giallo chiaro con riflessi oro antico. Profumi ricercati, che vanno indagati perché evocativi ora di frutto dolce, ora di stoffe antiche. Fine, elegante, di pulizia, misurato, giocato sugli agrumi di cedro e arancia anche canditi, poi sulla mineralità, la mollica di pane, i fiori bianchi di camomilla e, infine, foglie di incenso, zenzero, fieno e ricordi di cera. L’appassimento non si percepisce visto che risulta perfettamente secco, con una bocca asciugante, fresca e saporita.
Quarta tappa a Oslavia, con Primosic che presenta il suo Klin 2017, un Collio Bianco Doc davvero singolare. Oslavia è la zona storica delle barrique usate anche in fermentazione e delle macerazioni, ma anche regno della ribolla gialla: da qui vengono i vini vellutati e complessi di produttori come Gravner.
Giallo oro antico, incontro tra autoctoni e internazionali in legno, dalla fermentazione all’affinamento, compresa la malolattica. Suadente, abbraccia con sentori di vaniglia, burro in sfoglie dolci, frutta candita, confettura di susine, poi rosa gialla e caramello mou. Bocca calda, morbida con ricordi golosi di crême caramel e pasticceria vanigliata. Tocco vellutato, giustamente acido e sapido.
Si conclude con Capriva del Friuli-Spessa, e il vino prodotto da Castello di Spessa il San Serff Collio Bianco Doc 2013. Da questo areale si ottengono vini di personalità, virili, potenti, di struttura, alcolici eppure ben integrati e allietati da una solida freschezza, e per questo adatti agli invecchiamenti, come questo assaggio vuole dimostrare.
Giallo brillante. Naso esuberante, con il Sauvignon e il Pinot Bianco che spiccano con kiwi, frutto della passione, ortica, poi agrumi gialli, fiori di glicine, mandorla secca e un’ampia mineralità che arriva alla sabbia e al sale. Sul finale sensazioni lattiche e di pane. Bocca potente, sapida, dinamica, ancora fresca, di bellissima persistenza. In abbinamento ai vini proposti, eccellenze del territorio come tre tipologie di Formaggio Montasio Dop e Prosciutto San Daniele Dop, anch’essi ambasciatori dell’altra faccia della medaglia di una regione straordinaria, dal suolo fino al cielo.