Metti una sera a cena con… Federico Curtaz
Non ha bisogno di presentazioni. Federico vive la vigna e il vino con passione e profonda professionalità. Nasce agronomo e a tutti è noto per i suoi trascorsi nelle Langhe, da Gaja, nel periodo più importante per quella azienda. Dal 1997 ha cominciato un nuovo percorso professionale di consulenza agronomica che giocoforza lo ha portato lentamente verso una consulenza totale presso le aziende seguite in vigna: l’obiettivo è chiaro, quello di protrarre fino al bicchiere lo sforzo agronomico di far esprimere al meglio il territorio tramite l’uva più adatta, coltivata senza seguire ideologie quanto piuttosto il buon senso e la misura. La protezione del territorio è una condizione necessaria quindi per raggiungere gli obiettivi di Federico Curtaz. L’approccio in cantina non cambia e passa per il profondo rispetto del vino: i percorsi enologici sono scelti per portare a buon fine il progetto in vigna ovvero farla esprimere nel migliore dei modi e quindi anche qui non ci sono ideologie e strategie tecniche per produrre ma quanto quell’uva necessita per diventare il miglior vino possibile. Mestiere molto difficile, potrebbe sembrare ambizioso, ma al contrario si basa su un atteggiamento di profonda umiltà e rispetto; non si vuole imporre un linguaggio a un uva che non può averlo, non si sceglie un vaso vinario piuttosto che un altro per motivi ideologici e commerciali strategici.
Per questo incontro con tre bianchi secchi e uno da meditazione, anch’esso secco, opere tutte dello spirito libero di Federico Curtaz, abbiamo scelto Per Me a Roma e la cucina di Giulio Terrinoni. Una gastronomia ricca di fascino e sapore, di bel carattere, perfetta per sposare vini con forte personalità, assistiti da un personale di sala impeccabile.
Col primo vino siamo andati sul Conero, presso una realtà più conosciuta per il rosso, Fattoria Le Terrazze; abbiamo assaggiato Le Cave 2015, uno Chardonnay Marche Igt che aiuta “a fare pace” col nobile vitigno, troppo spesso martirizzato da un non necessario uso del legno, un vino che fonde la mediterraneità degli aromi con la croccantezza tipica delle espressioni nordiche di questa uva, polposo e dinamico al palato, figlio di solo acciaio e con tanta vita da vivere.
Il secondo vino è espressione intima di Federico perché ne porta il nome, ed è uno degli esemplari di una piccola produzione che Curtaz realizza in Sicilia, sull’Etna e nella campagna di Noto. L’Etna Bianco Gamma è una manifestazione profonda de ’a muntagna e delle sue terre laviche: finissimo, ti invita alla scoperta con quella sua coinvolgente commistione di frutto e minerali salini dai risvolti di idrocarburi che ricordano nobiltà germaniche ma che riportano, per la pienezza gustativa elegante, al sole etneo. Grande vino che vivrà moltissimo.
Terzo assaggio una Falanghina prodotta nelle zona di Sermoneta, in provincia di Latina, sui rilievi collinari a ridosso del monti Lepini, La Fota 2015 dell’azienda Montecorvino. Esistevano storicamente nei vigneti aziendali due filari di questo vitigno che è tipico della Campania e in particolare del beneventano. Si decise di farne una vigna e un vino perché quell’uva a Sermoneta sembrava voler parlare una lingua diversa, di non voler esprimersi in freschezza e immediatezza come negli altri territori: è un vino polposo e suadente, di grande ricchezza fruttata di pera e mela, intrise di macchia montana e con freschezze di erbe aromatiche. Diverso e coinvolgente, è all’inizio del cammino.
Quarto assaggio emozionante: siciliano di San Giuseppe Jato, Palermo, si rifà alla tradizione del Perpetuo di Marsala, di un vino da uve appassite che viene conservato in botte per decenni e che ogni anno viene miscelato con l’ultima annata. La piccola bottiglia è senza etichetta, il vino dell’azienda agricola Lisciandrello uscirà a breve col nome Perpetuo di Manfredi: classico vino dal profilo ossidativo con tanto carattere e profondità, coniuga frutto agrumato fresco di chinotto e bergamotto con quello articolato disidratato e secco, percorsi da tratti iodati e balsamici per un palato secco e avvolgente che invita a bere e… a parlare.
Quattro espressioni decisamente diverse, figlie di territori altrettanto unici che si esprimono in modo eccellente grazie all’intermediazione di un uomo non comune.
di Francesco D’Agostino