Monte del Frà e la longevità del Cà del Magro
Dodici annate del Cà del Magro in assaggio, speciale espressione di Custoza Superiore ricca di frutto e complessità

Una storia di famiglia iniziata nel 1958 sulle colline moreniche che circondano il lago di Garda. Qui Massimo Bonomo affitta allora alcuni terreni a Monte del Frà e inizia a lavorarli producendo non solo grano ma anche fragole, pesche e uva. Quella piccola iniziale produzione di vino viene venduta sfusa nell’osteria di famiglia. Una zona in cui la produzione di vino è iniziata nel 1492 da parte dei Frati dell’Ordine di Santa Maria della Scala di Verona. Dal 1958 a ora il parco vigneti di Monte del Frà si è ampliato sino agli attuali 137 ettari di proprietà, con 65 in affitto in tutte le principali denominazioni vitivinicole veronesi. Da Sommacampagna, luogo di origine, ora le proprietà dell’azienda attraversano il Lugana e si spingono fino alla Valpolicella Classica con la Tenuta Lena di Mezzo, acquisita nel 2006 e situata a est di Fumane. Nella struttura di San Pietro in Cariano, acquistata nel 2019, sono dislocati la vinificazione, l’appassimento e lo stoccaggio della produzione dei grandi rossi veronesi. Ma è nella storica sede di Sommacampagna che Monte del Frà colloca il corpo produttivo della maggioranza delle proprie etichette e l’affinamento in legno di gran parte dei vini Valpolicella. Nel 2021 è stata ottenuta la certificazione Sqnpi (Sistema di qualità nazionale produzione integrata) e Rrr (Riduci, risparmia, rispetta): in quest’ottica la sostenibilità, applicata fin dagli anni Ottanta, diventa condizione imprescindibile e ancora più essenziale in ogni fase del ciclo produttivo. Grazie all’ampio parco vigneti, sostenibilità per i Bonomo significa non forzare il vigneto ma lavorarlo con etica per valorizzarne la natura e il carattere di una vigna longeva, attraverso un progressivo azzeramento nell’utilizzo di prodotti di chimica di sintesi tra cui la solforosa.

Abbiamo avuto l’opportunità, da Horto Restaurant, di degustare dodici annate di Cà del Magro, loro Custoza Superiore Doc, a partire dalla 2008. Unica assente la 2015. Abbiamo anche degustato nove annate dell’Amarone della Valpolicella Classico, ottenuto nella Tenuta Lena di Mezzo, a partire dalla 2007 e sino alla 2018 con qualche millesimo non presente. Un Amarone che ha nell’enologo Claudio Introini, valtellinese di nascita, un’ottima gestione dell’appassimento.

Tornando al tema del nostro approfondimento, il Custoza Superiore Cà del Magro nasce nel 1998 dai terreni morenico-ghiaiosi della zona di Oliosi (nella foto di apertura) in cui sono coltivate la garganega (l’uva più presente nella composizione), la bianca Fernanda o cortese, l’incrocio Manzoni (inserito a seconda delle annate dal 2 sino al 30%), il trebbiano toscano per la restante parte, ottenute da un vigneto di oltre trenta anni sito a Sommacampagna a sud est del Lago di Garda, a cento-centocinquanta metri di altitudine, di origine morenica, con terreno calcareo, argilloso, ghiaioso. In cantina dopo una criomacerazione prefermentativa ela pressatura soffice, fermenta e affina da ottobre a maggio sur lie in tini di acciaio, mentre si usa il cemento per l’uva garganega. Dopo l’imbottigliamento, riposa per almeno sei mesi prima della vendita. Nel 2008 una parte delle uve era appassita e surmatura, poi questa parte è andata via via riducendosi.
La degustazione

Il 2008 ha un colore giallo dorato con nuance ambrate, un naso dall’evoluzione ossidativa che sciorina note di frutta gialla surmatura, miele di castagno e zafferano; bocca ancora fresca, ricca con una netta sensazione glicerica, un tocco di sapidità, una piacevolissima lunghezza al palato.
Il 2009 ha un colore dorato brillante, a cui seguono note di zafferano fuse a toni di frutta gialla surmatura, con qualche inflessione di frutta secca e un accenno di camomilla. Al palato è opulento, fresco, appena sapido, molto persistente con una decisa nota di zafferano a chiudere.
Il 2010 ha colore giallo dorato decisamente brillante. All’olfatto ritroviamo note di frutta gialla surmatura, agrumi, poi zafferano che lascia poi spazio alla nocciola, per chiudere con un tocco di fiori di camomilla. All’assaggio è intenso, glicerico, fresco, sapido, ricco, oltre ad avere una decisa persistenza dal ritorno di zafferano e camomilla.
Il 2011 si presenta con un colore paglierino dorato luminoso, della frutta surmatura al naso, seguita da frutta esotica, poi miele, sottobosco, quindi erbe, avendo in chiusura una nota burrosa. Al palato presenta un sorso succoso, fresco, sapido, con echi di frutta esotica e un finale erbaceo.
Il 2012 ha colore molto simile all’annata precedente, con al naso una frutta gialla matura, un tocco agrumato, poi una nota burrosa più presente. Il sorso è ricco, fresco, sapido con un finale persistente di agrumi quasi canditi e un tocco lievemente erbaceo.
Il 2013 dopo un paglierino dalla luce dorata, brillante, ha un naso dove troviamo sia frutta che agrumi, poi erbe, seguite da note di sottobosco. Il minore passaggio in legno, la minor surmaturazione hanno reso il vino più agile. Rimane fresco, ricco, sapido, intenso in bocca con un lungo retrolfatto di agrumi e frutta, con un tocco di zafferano a chiudere.
Il 2014: annata che con le piogge e il freddo ha portato i produttori a chiedersi se attendere di avere uva più matura a settembre, con minor quantitativi da vinificare (come ci spiega Marica Bonomo). Esordisce con un giallo dorato limpido, poi ha al naso note di zafferano, di frutta gialla matura con un tocco esotico, poi fiori di camomilla, zafferano, miele, per poi sfumare su un tocco di idrocarburi, probabilmente figli dell’incrocio Manzoni (incrocio tra riesling e pinot bianco) e qui presente in percentuale un po’ maggiore. All’assaggio ha sostanza, è fresco, sapido, con uno stile diverso, glicerico, lunghissimo tra camomilla, zafferano e miele.
Il 2016 cambia passo a partire dal colore giallo con una luce dorata, per poi passare a un naso di frutta gialla matura che sfuma sugli agrumi, poi floreale di camomilla, quindi un tocco di zenzero e cenni minerali che ritroviamo in una nota salina in bocca. La bocca è fresca e sapida, con struttura, eleganza ed armonia, per chiudere molto lungo con ritorno di frutta matura e toni floreali.
Il 2017 è un vino che ha dovuto superare diverse criticità climatiche ma nonostante questo è stato prodotto. Dopo un colore giallo più scarico dei precedenti due millesimi, ha un naso meno incisivo, comunque corretto olfattivamente, senza note ossidative. All’assaggio ha buona struttura, buona tensione acida, poi è sapido, meno lungo dei precedenti.
Il 2018 ha un colore paglierino intenso, brillante, fresche note di erbe e agrumi, seguite da aromi di frutta gialla matura, il tutto impreziosito da sfumature minerali di idrocarburi. All’assaggio comunica una netta sensazione di succosità, freschezza, intensità, struttura, eleganza, restando persistente con un retrolfatto di frutta gialla e agrumi.
Il 2019, dal colore brillante, ha profumi agrumati, poi di mela Golden, pera, albicocca, pesca gialla, quindi tropicali di licci e mango, seguiti dalla nota speziata di zenzero, con un tocco erbaceo e floreale a chiudere. Al palato ha struttura, ben equilibrato tra freschezza e sapidità, armonico, con un retrolfatto di frutta, agrumi ed erbe. “In cantina utilizziamo sempre più il cemento per la garganega, in modo da valorizzare una vigna che amiamo”, commenta Marica. Raccontandoci poi che con quest’annata Cà del Magro si è posizionato al numero cinquanta nella classifica di Wine Spectator.
Il 2020 esordisce con un giallo paglierino carico e brillante. All’olfatto presenta dopo buona parte dei frutti e degli agrumi del 2019, poi sfuma su una nota speziata di pepe bianco, quindi su un sottofondo di erbe. In degustazione è più sapido che fresco, con un sorso pieno, equilibrato già di ottima lunghezza.
Abbiamo apprezzato particolarmente le annate 2010, 2016 e 2019 di questo vino, una conferma di un precedente assaggio del 2021. Cà Del Magro, vino più rappresentativo della storia aziendale, nasce da un antico vigneto di oltre cinquant’anni. La masterclass ha confermato la sua longevità acclarata, noi lo riteniamo una speciale espressione di Custoza Superiore.
Photo @ Monte del Frà – Studio Cru