Grechetto, non importa se di Todi o Viterbo

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Grechetto, un vitigno da rivalutare

 

Grechetto purché sia, questo sarebbe potuto essere il sottotitolo  dell’interessante convegno che si è svolto il 4 settembre presso la cantina Roccafiore di Todi. Voluto, promosso e condotto da Luca Baccarelli, magnifico ospite e convinto assertore del progetto Grechetto, all’incontro hanno partecipato tutti i personaggi che a questo vitigno nel tempo hanno creduto e dato molto, primo tra tutti Sergio Mottura, che sin dagli anni novanta, già certo delle sue potenzialità, ha avuto il coraggio di investire in spazi e risorse, sia economiche sia umane. L’incontro si è aperto, a giusta ragione, con una carrellata di ben tredici interpretazioni di Grechetto provenienti da Todi e dall’alto Lazio; prodotti con vinificazione in bianco o con macerazione sulle bucce. Una esaustiva panoramica proposta non con l’intento di stabilire quale fosse il migliore, ma con la volontà di far conoscere con quante anime questo vitigno autoctono sia capace di proporsi, perlopiù marcate dal territorio, dalla tradizione o in alcuni da entrambi, ma soprattutto in questi ultimi, con lo sguardo rivolto all’innovazione. Spesso suadente per morbidezza ed equilibrio, come le caratteristiche del vitigno impongono, in altre versioni ruvido e tannico, ma sempre di carattere, fondato principalmente sulla sua grande mineralità, dote che gli consente di affrontare le lunghe maturazioni con disinvoltura, e il sorso di una vendemmia 2005 ce ne ha dato ampia dimostrazione. All’assaggio è seguita una tavola rotonda che ha dato ampia dimostrazione della volontà di tutti i produttori presenti di creare un’entità capace di promuovere e tutelare questa grande risorsa che l’Umbria e l’alto Lazio possiedono, basti pensare che ben mille e trecentocinquanta ettari in queste aree sono destinati alla coltura di questo vitigno per capire quale rilevanza economica potrebbe assumere se prodotto interamente in purezza e non, come oggi avviene, destinato perlopiù alla composizione di vini diversi. Da questa però sono emerse anche le difficoltà che si dovranno superare per far sì che questa si crei, a partire dall’identificazione dal clone capace di rappresentarlo meglio, il g 5 o il 109. A nostro avviso dovrà vincere il lato democratico dell’agricoltura, l’unico che potrà consentire di valicare i confini territoriali e  sovrastare gli interessi dei singoli, capace di dar vita a un ‟sistema” che sia in grado di affrontare le innumerevoli sfide che i nuovi mercati propongono, forte delle tradizioni, ma consapevole di dover utilizzare tutte le innovazioni tecnologiche che la vitivinicoltura mette oggi a disposizione per una produzione di qualità.

Fabio De Raffaele