Valentini, Trebbiano D’Abruzzo 46 anni dopo

La custodivamo dal 2007, quando Francesco Valentini ne inviò due per un articolo sui grandi bianchi. Aspettando Berebianco l'abbiamo aperta

La nostra passione per il grandi bianchi da invecchiamento è antica, precedente alla nascita di Cucina & Vini, nel 1999. Tanto che abbiamo deciso di dedicare un evento a questa tipologia di vini: il 31 maggio e il primo giugno prossimi a Roma ci sarà Berebianco. Sulla rivista abbiamo spesso manifestato questo sentimento proponendo ampi articoli di approfondimento al tema, coinvolgendo produttori di tutta la penisola. Nel 2007 il nostro approfondimento, lungo ben venti pagine, accolse il racconto dei vini di 42 produttori, con un’unica eccezione, la verticale di tre annate del Trebbiano d’Abruzzo di Valentini, millesimi 1977, 1988 e 2000.

Già all’epoca, l’assaggio della 1977 suscitò discussioni perché il vino volle qualche minuto per poi presentarsi estremamente complesso, definito da alcuni cerebrale. Erano passati trenta anni da quella vendemmia e oggi a distanza di ben quarantasei abbiamo rifatto l’esperienza, con la consapevolezza che il vino, seppur conservato bene, in ambiente condizionato durante la stagione calda, certamente non è stato a temperatura costante, avendo vissuto lente oscillazioni di circa 8 °C con pochissima luce.

Il tappo era integro in testa, con un piccolo segno di “fuga” su un lato, un paio di millimetri. Per estrarlo abbiamo usato sia il cavatappi a lame che quello a verme, visto che il sughero rispondeva bene. Una volta estratto, una piccola porzione laterale vicina alla superficie superiore del tappo, dove è passata la microscopica fuga di vino, era annerita, con leggero sentore di muffa. La parte del tappo a contatto con il vino invece non aveva problemi né dal punto di vista fisico né da un punto di vista sanitario, infatti l’odore di tricloroanisolo (quello comunenemente è chiamato odore di tappo) era assente sia sul sughero che nel vino. Il livello della bottiglia era sceso di un paio di centimetri. Il vino mostrava in trasparenza qualche cristallo, probabilmente pochi tartrati di potassio che dovrebbero aver ridotto leggermente l’acidità.

trebbiano valentini

Una volta nel calice, abbiamo scoperto un colore ambra chiaro brillante. Si è fatto leggermente aspettare, presentando delicate note fungine e di sottobosco che rapidamente hanno lasciato scoprire sentori di pan di Spagna con bagna alcolica al profumo di limone, accompagnati da zenzero candito e da noce con il suo mallo, poi noci pecan leggermente tostate, percorsi da minerali di tufo grigio e peperino, con nette percezioni di tartufo bianco sempre più incisive e tocchi intriganti di cucuncio e di miele di corbezzolo. Si allarga ed ecco la crema al gianduia e alla liquirizia, toni di frutta disidratata con tracce di fumo da cenere di legna, poi pomata alla calendula e richiami al cognac, anche nei toni agrumati evoluti… In bocca stupisce per la vivacità, per la saporita dote di tensione salina e anche per la pennellata tannica, tutte insieme a trovare un bella integrazione dal profilo dinamico. La dialettica tra acidità salina e alcol asiuga leggermente nel fin di bocca, sollecitando una vaga percezione metallica, mentre in persitenza si ritrova il naso, con il tartufo in evidenza, accompagnato da nette percezioni di erica. Tutto questo per dire che lo abbiamo bevuto con gioia e orgoglio.

trebbiano d'abruzzo valentini

In sostanza un 1977 di un’integrità sconcertante, potremmo definirlo resiliente per essere riuscito a non soccombere alla piccola fuoriuscita di liquido che ha leggermente rovinato una limitata parte della superificie curva del tappo, tentando di danneggiare il vino.

Valentini, Trebbiano D’Abruzzo 46 anni dopo