Vinitaly 2022, l’Irpinia grida la sua vocazione vitivinicola

L’Irpinia nel calice stupisce sempre, tante giovani realtà vitivinicole con molto da raccontare generate dalla fucina avellinese

Mancavano dal 2019 e l’impressione è sempre la stessa: quando si entra nell’area irpina alla fiera del vino Italiano si ha l’imbarazzo della scelta, tanta la qualità e l’identità che ogni azienda riesce a trasferire nei propri vini, aspetto che si percepisce anche a un assaggio rapido e anche un po’ distratto. Sino a fine anni Novanta erano poche le realtà vinicole irpine che ritiravano un po’ tutta la produzione di uve dei tanti piccoli viticoltori per realizzare vini che piacevano al mercato; il meccanismo però si inceppò quando le grandi aziende iniziarono a produrre uva in modo significativo e l’incontro tra la domanda e l’offerta portò a squilibri che in qualche modo obbligarono i viticoltori e cimentarsi nella produzione di vino. Una zona che quindi è veramente effervescente, in termini di novità, da fine anni Novanta e che continua a generare, adesso grazie al circuito virtuoso della qualità, nuove interessantissime realtà. Ecco quattro storie diverse.

Tenuta Vitagliano

Siamo all’estremità occidentale della provincia di Avellino, a San Martino Valle Caudina, in un’area da sempre vocata alla viticoltura, al confine con il beneventano. Incontriamo Andrea Vitagliano che ci racconta la storia dell’azienda: “ Abbiamo nove ettari e mezzo a circa trecento metri di altitudine e l’azienda nasce nel 2001, ma la terra già c’era, si faceva attività agricola, uva inclusa, e si producevano due etichette per autoconsumo, un bianco da falangina e un rosso da sciascinoso. Per gioco i due vini venero etichettati e poi decidemmo di fondare l’azienda vitivinicola”. Oggi la produzione di attesta su quarantamila bottiglie di vini in maggioranza Irpinia Dop, che includono, oltre alle uve menzionate, coda di volpe e aglianico. Una produzione molto limitata nonostante la superficie vitata: “Ci piace essere diversi e abbiamo scelto di produrre una quantità media di sessanta quintali per ettaro nelle nostre vigne a filare, potate a guyot”, spiega Andrea Vitagliano.

frojo vitagliano

Frojo 2020
Irpinia Falanghina Dop
12,5% vol – € 12,00
Vino che celebra l’ampelologo Giuseppe Frojo che studiò la falnghina negli anni Settanta dell’Ottocento. Siamo su terreni argillosi di origine marina, ricchi di fossili, esposti a nord. Il richiamo al mare è palesemente evidenziato sull’originale etichetta, disegnata dal vignettista Alberto Cosenza. È figlio di una vendemmia appena posticipata e la vinificazione avviene in acciaio termocontrollato. Giallo luminoso, è denso di frutto negli aromi di mela, pera e ribes bianco che incontrano profumi fioriti di sambuco e ginestra, sfumati da respiri di gesso, calcare e di roccia di mare bagnata. Si aggiungono note di boccioli di rosa, di pomelo e kumquat; lentamente si addolcisce ed ecco pesca e mango polposi, con cenni balsamici. La bocca vive della dialettica tra morbidezza, acidità succosa e salinità per un insieme equilibrato e dinamico che sollecita sul palato il frutto polposo, a cui si aggiunge il gelso bianco, sostenuto dalla lunga scia salina.

caudio vitagliano

Caudio 2017
Irpinia Sciascinoso Dop
13% vol – € 14,00
Il nome del vitigno è insolito e nei ricordi di Andrea Vitagliano è indelebile la spiegazione che gli dette la nonna: siascinoso è un aggettivo per indicare un grappolo che quando si raccoglie è fragile, tendendo a sgretolarsi. Figlio di una vinificazione in acciaio termocontrollato, nel calice il vino è rubino, al naso è dolce e intenso di peonia con frutto di ciliegia, granatina, mora, sfumata da cenni di rovo; ecco toni di mirto anche in sciroppo, con note di vaniglia e pepe rosa. Molto succoso il palato che vive del contrasto con la salinità e il grip tannico per un insieme di bella dinamica e integrazione, in grado di sollecitare un frutto deciso, fuso con minerali di scisto e speziatura netta di cannella e vaniglia,con cenni di grafite, conservando anche toni fioriti.

Tenuta Madre

Siamo nel comune di Montefalcione, territorio incluso nelle Docg Fiano di Avellino e Taurasi. La famiglia proprietaria dei vigneti per trenta anni ha prodotto uve conferendole per la vinificazione. Nel 2019 una giovane coppia, la seconda generazione, ha fatto la scelta di vita, tornando nel luogo di origine dopo esperienze in diverse città, per seguire un sogno. Incontriamo l’appassionatissima e giovanissima Marianna Mazzariello che ci racconta la genesi di questa decisone: “Mio marito e io abbiamo sempre amato il vino tanto da frequentare i corsi sommelier. Una sera, dopo una bella cena, decidemmo di fare il grande salto, tornare a casa e la 2019 è stata la prima vendemmia vinificata da noi”. La parola madre riprende le iniziali di  Marianna e Adriano e questa identificazione forte della coppia nel nome dell’azienda è il riflesso di quel desiderio incontenibile di cercare la bellezza nella propria terra e nel proprio vino. Terra che in modo originale è presente nel logo aziendale: sono tre esagoni sovrapposti , che nella forma si rifanno alla pianta del vigneto e nel numero al simbolo del comune di Montefalcione che nasce su tre colli. Sono aiutati dal valente enologo Arturo Erbaggio, scelto per la qualità dei vini  prodotti dalle aziende in cui è consulente. L’azienda oggi conta di 1,2 ettari in produzione su terreni calcareo argillosi posti a quattrocentocinquanta metri di altitudine. Tre ettari sono in fase di impianto, su terreni sabbiosi, e daranno vita a una nuova etichetta.

tenuta madre i sognatori

I Sognatori 2020
Fiano di Avellino Docg
13,5% vol – € 24,00
Le uve sono vendemmiate a inizio ottobre, ma la tendenza climatica sta portando ad anticipare a fine settembre. Dopo la pressatura soffice il mosto fiore è posto a fermentare per l’80% in acciaio e il resto in barrique di rovere francese di primo passaggio; ciascuna massa resta sui lieviti per circa sette mesi nei quali si effettuano diversi bâtonnage. Segue l’assemblaggio e l’imbottigliamento, poi un periodo di affinamento di quattro-cinque mesi. Le bottiglie sono ottomila. Il calice è giallo chiaro vivo e porge subito un blend di note fiorite bianche primaverili che incontrano sentori di arenaria e di mandorla mentre si rivela una ricca componente agrumata che ricorda cedro e limone, accompagnata da note di panificazione. Bocca succosa, salina, avvolgente e progressiva, di grande dinamica gustativa, tanto da sollecitare atleticamente tutti gli angoli del cavo orale. Esplode il frutto di susina, pesca, arancia, mango, cedro con cenni melliti e note minerali anche di salgemma, con una persistenza molto importante. Scaldandosi propone al naso nocciola, mandorla, albicocca con nuance vanigliate e una vaga nota affumicata che dialoga in un magico contrasto con aromi di mimosa e miele di acacia.

Taurasi 2020 (prova di botte)
Uscirà forse nel 2023. Fermenta in macerazione per quindici-venti giorni in barrique di secondo passaggio, dove resta un anno per poi passare in acciaio. Ha un colore ancora molto intenso e violaceo per un naso esplosivo di frutto (amarena, mora, gelso nero…), con belle note fiorite (peonia, viola, rosa). In bocca è ben strutturato, dotato di una componente tannica abbondante e importante, già fine e vellutata.

Terre d’Aione

Il nome dell’azienda si rifà a un eroico principe longobardo del nono secolo, Aione II, che visse nel territorio e le cui gesta rivivevano nei racconti di Pellegrino, padre di Angelo Carpenito che incontriamo. È l’azienda della famiglia Carpenito, vignaioli dal lontano 1867 a San Paolo di Tufo, quando il capostipite parte con meno di un ettaro; nel 2006 i Carpenito decidono di trasformare le proprie uve. Con Pellegrino la superficie vitata era arrivata a due ettari, tutto greco, e poi dopo il 2006 altri otto ettari sempre a greco, mentre per le altre uve si riforniscono sul florido mercato locale. “Siamo su terreni fertili, argillosi, che conservano l’acqua e che con il porta innesto giusto stimolano le viti a pescare in profondità”, spiega Angelo. In totale la produzione conta circa ottantamila bottiglie di cui oltre la metà è rappresentata dalla etichetta simbolo aziendale, il Greco di Tufo Docg. Dicevamo che siamo nella frazione San Paolo, vicino alle ex miniere di zolfo, in un terreno molto caratterizzante, ricco di venature sulfuree. Per il materiale viticolo l’azienda ha propagato l’individuo coltivato dal nonno in quelle vigne ed è riusciai nel tempo a farlo diventare un clone con l’aiuto di Rauscedo.

terre d'aione greco

Greco di Tufo Docg 2021
13% vol – € 13,00
Le vigne sono impiantate a spalliera e potate a guyot con tremilasettecento piante per ettaro e una resa di settanta quintali per unità di superficie. Alla vendemmia segue la pigiatura soffice e la lenta fermentazione, fino a venti giorni, in acciaio termocontrollato a 10-12 °C. Imbottigliato a febbraio, nel calice è giallo chiaro con riflessi verdolini. È subito floreale di acacia con toni minerali di gesso, calcare e tufo, su cui si inserisce nitido e intenso l’agrume nei toni di cedro e limone, accompagnati da vegetali di lemongrass e salvia; si aggiungono aromi croccanti di ribes bianco e sentori più dolci di pera. Bocca di grande acidità, non scorbutica ma di progressione succosa e lunga. Il vino ha una bella sostanza e presenta un retrolfatto coerente che scopre anche note polpose di pesca. Salino si allunga sugli agrumi di pomelo, cedro e pompelmo che dialogano con gesso e salgemma.

terre daione taurasi

Taurasi 2014
13,5% vol – € 29,00
Le uve fermentano in acciaio termocontrollato. Il vino poi matura in barrique di Allier di primo passaggio per ventiquattro mesi. Dopo l’assemblaggio resta in acciaio per sei mesi e, una volta imbottigliato, si affina in vetro per quattro anni. Rubino, al naso è intenso di frutto negli aromi di prugna, mirto e mora, espressi anche in confetture, che si legano a sentori di boero, grafite e liquirizia, in bel contrasto con il frutto che ora diventa disidratato. Bocca voluminosa, dal tannino ancora deciso, che si confronta con una morbidezza e una succosità in grado di integrarlo piuttosto  bene. Denso di frutto il retrolfatto, che in progressione focalizza su liquirizia, noce moscata, chiodi di garofano e vaniglia, per ritrovare il frutto in confettura e l’amaretto nel finale.

Adelina Molettieri

L’azienda ha radici produttive risalenti a inizio ventesimo secolo e l’aglianico è sempre stata la sua vocazione. Siamo a contrada Chinzano, nel comune di Montemarano, in piena Docg Taurasi. Incontriamo Raffaele Molettieri, uno dei quattro figli di Adelina impegnati nell’azienda che nasce, come realtà vitivinicola imbottigliatrice, nel 2007. Infatti la produzione vinicole era già cominciata in precedenza, ma si realizzava soltanto sfuso. Sono proprio i quattro fratelli a decidere di fare bottiglia e di ampliare l’azienda che oggi conta sei ettari e mezzo in produzione, due appena impiantati e altri che presto arriveranno. Al momento la produzione imbottigliata conta quindicimila pezzi e una parte delle uve viene venduta. “Oggi abbiamo aglianico al 90%  spiega Raffaele – perché abbiamo aggiunto una parte di coda di volpe e da l2019 siamo certificati bio”.

adelina molettieri cesinè

Cesinè 2015
Irpinia Aglianico Dop
13,50% vol – € 23,50
Il vigneto è esposto a nord e la vendemmia comincia a fine ottobre per protrarsi sino a metà novembre. Vinificato in acciaio termocontrollato, matura in botti di rovere per venti mesi. Segue un affinamento ancora una volta in acciaio per dodici mesi e dopo l’imbottigliamento, il riposo in vetro per un periodo di sedici-diciotto mesi. Il calice è accogliente nei profumi di viola e peonia appassite, che incontrano il frutto di amarena, prugna, carruba e chinotto, tutti percorsi da netti respiri speziati di chiodi di garofano, ginepro, pepe e radice di liquirizia. Molto fresco l’impatto con il palato che trova tannini vivi, non asciuganti, per un insieme energico, molto succoso di frutto fresco, con note di torroncino e le spezia scure in evidenza.

adelina molettieri taurasi

Taurasi Docg 2014
14% vol – € 36,50
Il vino fermenta in acciaio termocontrollato e dopo circa venticinque giorni di processo è travasato in botti grandi di rovere, dove resta ventidue mesi. La massa è poi trasferita in barrique per quattro mesi per essere poi assemblata in acciaio, dove affina per ventidue-ventitre mesi. Segue l’imbottigliamento e un riposo in vetro di ventiquattro mesi prima della commercializzazione. Si rivela subito dolce al naso nelle note di gianduia che incontrano prugna disidratata, carruba, after eight, amarena anche in confettura, percorsi dalla speziatura di pepe bianco, noce moscata e cannella, mentre percepiamo cenni goudron. In bocca è freschissimo, ancoro dotato di un tannino deciso, di struttura piena e buona morbidezza. Il frutto è più fresco ed è declinato anche in sciroppo; ai ritorni del naso a si aggiunge netta la mora, con timbri decisi di grafite e liquirizia, con ginepro e cacao.